solo 'local'?

solo 'local'?

solo 'local'?

Una domanda che si pone chi si approccia al km0 è se sia possibile vivere esclusivamente di cibo prodotto a livello locale. Sinceramente, crediamo di no! e non reppresenta un obiettivo nostro.
Noi, che proponiamo cibo a Km0, siamo consapevoli dell'importanza di tale cambiamento culturale nello stile alimentare delle persone; stimoliamo la nascita e lo sviluppo di marcati digitali a km0, ma altrettanto siamo consapevoli che non tutto ciò che serve al nostro organismo ed al nostro benessere possa essere reperito in un raggio d'azione prossimo al luogo in cui viviamo. La domanda andrebbe formulata in un altro modo, perchè il tema vero è se sia o meno possibile aumentare la sostenibilità ambientale dei nostri consumi. Ovviamente, la risposta è si! Ed un ruolo importante lo gioca proprio la riduzione delle movimentazioni logistiche del cibo a scala planetaria.
è noto l'esperimento della giornalista statunitense, Andrea Shea, che dopo quattro giorni di spesa a Km0 si rende conto di non avere a disposizione molti prodotti abituali per la sua alimentazione ed adotta la scelta di eliminare quelli non indispensabili e rifornirsi di quelli 'chiave' scelti secondo una logica che lei stessa definisce nel suo lavoro come "l'eccezione Marco Polo" cioè prodotti che su un'imbarcazione non refrigerata (come quella di Marco Polo) il noto esploratore avrebbe potuto portare con sè dalla Cina, affrontando un lungo viaggio e senza che gli stessi si potessero deperire. Sono il tea, il caffè, il sale, l'aceto, l'olio, lo zucchero, le spezie, etc.
La pubblicazione dei risultati di questo esperimento di Andrea Shea, restituisce forza a chi proclama l'insostituibile ruolo della Grande Distribuzione nella catena di diffusione degli alimenti a scala planetaria, relegando il km0 ad una chimera per pochi intellettuali. Ci sono aliquote di verità in ogni tesi ed argomentazione e vanno rispettate tutte, ovviamente! Il tema che tuttavia andrebbe colto nella 'prova' di Shea è riassumibile in almeno due fattori essenziali: il primo è che si può soddisfare una parte più o meno consistente dei propri bisogni con una dispensa a km0; il secondo, che adottare l'eccezione Marco Polo consente di ridurre ai minimi l'impatto energetico sulla logistica degli alimenti. In riferimento a quest'ultimo aspetto, infatti, una cosa è muovere, refrigerare, gestire, alimenti freschi per lunghe distanze, altra cosa è muovere alimenti che non necessitano di tutti questi accorgimenti. Accorgimenti che hanno un elevato costo energetico, sempre più insostenibile nel lungo periodo.
Questo è il vero punto della questione! noi crediamo che perseguire una spesa a km0, offra sicuramente molti vantaggi diretti a livello di qualità, freschezza, tracciabilità dei prodotti, e, diranno i detrattori del km0, tutto questo potrebbe rappresentare una mera opinione ('per noi è così: provare per credere!') ma in modo indiretto, il km0 offre un vantaggio oggettivo ed inconfutabile: la sostenibilità ambientale. Il fattore della sostenibilità ambientale riguarda la scala planetaria. concerne tutti noi e la strategia del km0 non può essere relegata ad un capriccio di moda di pochi intellettuali. Fortunatamente, negli ultimi anni, sta crescendo una spinta dal basso grazie alla consapevolezza del consumatore medio. Gli stati ed i governi si stanno adeguando e vi sono ovunque discussioni pubbliche su questi argomenti. Il punto è proprio questo. Aiutiamoci ad aiutare il pianeta!

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